Bagnasco e il dictatus Papae di Gregorio VII

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14-02-2016

Era il 1075 quando Ildebrando di Soana, maggiormente noto come papa Gregorio VII°, promulgava il suo Dictatus Papae. Con questo atto l'ex monaco volle sancire la prevalenza assoluta del papa sul potere temporale. Sosteneva, nella sua storica riforma, di poter destituire qualunque imperatore o sovrano, mentre lui come pontefice non poteva essere detronizzato da nessuno.

Di: Redazione Sardegna Live

Era il 1075 quando Ildebrando di Soana, maggiormente noto come papa Gregorio VII, promulgava il suo Dictatus Papae. Con questo atto l'ex monaco volle sancire la prevalenza assoluta del papa sul potere temporale. Sosteneva, nella sua storica riforma, di poter destituire qualunque imperatore o sovrano, mentre lui come pontefice non poteva essere detronizzato da nessuno.

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A distanza di circa 1000 anni, mentre papa Francesco tenta di ricucire lo scisma con la chiesa ortodossa avvenuto pressapoco nella stessa epoca, il cardinal Bagnasco prova a soffiare sulla polvere del Dictactus di Gregorio VII. Vorrebbe ingerire sugli strumenti da utilizzare per emanare una legge, dicono alcuni. Dovrebbe pensare a questioni più spirituali, dicono altri.

La realtà è che si tratta di un argomento veramente spinoso, sul quale l'Italia è come al solito spaccata a metà. Anche i leader politici lo sanno, e dunque, a parte quelli che ne fanno un cavallo di battaglia in un senso o nell'altro, gli altri lasciano libertà di coscienza ai propri parlamentari.

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La stessa chiesa è spaccata tra innovatori e conservatori. Il segretario dei vescovi Nunzio Galantino, frena sulle parole di Bagnasco, mentre lo stesso papa dice che chiesa e politica hanno compiti diversi. Anche Don Gino, presidente di “Comunità Nuova”, sostiene che ognuno di noi è libero di esprimere le proprie idee, ma gli strumenti per la formazione di una legge sono prerogativa delle istituzioni della Repubblica, cosi come sostenuto dal presidente Grasso.

Solo Angelino va fuori dal coro e sostiene che Bagnasco ha solo difeso la libertà di coscienza, suggerendo per questo il voto segreto.

Mentre la Carta Costituzionale francese sancisce espressamente il principio di laicità dello stato, in Italia lo stesso principio è assente tra gli articoli della Costituzione, ma è stato ricavato in via interpretativa dalla Corte costituzionale in una storica sentenza del 1989. “Un principio supremo dell'ordinamento costituzionale”, afferma la corte, la quale lo inquadra tra i principi di rango superiore agli altri. Dunque un parametro anche per gli accordi del concordato del 1929, i quali parrebbero non rispettare troppo tale suprema chiave di lettura giuridica.

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Ma del resto, se cosi non fosse, quella polvere del Dictatus di Gregorio VII sarebbe stata rimossa da tempo ed anche il mondo occidentale sarebbe stato invaso dalle teocrazie di ogni dove. Sistemi di governo che vengono telecomandati dalle guide supreme, sul modello iraniano o di altri paesi dove la religione prevale sulle regole civili. Regole che diventano precetti, i quali impongono modi di vivere spesso ingessati nel tempo, mai evoluti e poco affini all'apertura verso altri modi di vivere o di pensare.

Quelli stessi che danno origine al fondamentalismo che ancora ai giorni nostri terrorizza il mondo, anche quella parte di esso che pareva aver dimenticato quel soporifero buio medievale, risvegliato dall'illuminismo rivoluzionario e sancito dalle carte costituzionali moderne.

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