I sogni di Federico, a vent'anni dalla scomparsa

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31 gen 2013

Di: Redazione Sardegna Live

Bisognerebbe bandire gli anniversari. Ricordare un grande artista solo perché in quella data gli è capitato di nascere o di defungere, è irriguardoso nei suoi confronti. Chi scrive vorrebbe avere a disposizione il tempo (e pure i fondi) per organizzare delle rassegne di film d’essai. Se mai questa circostanza dovesse verificarsi, prometto solennemente che le mie proposte saranno random, spiazzanti, inaspettate: gli amanti vera della settima arte hanno bisogno di questo, mica di un calendario in cui segnarsi i dati biografici di registi o attori.

Comunque, a che pro questa premessa? Perché il 31 ottobre del 1993 si è spento, all’età di 73 anni, il più grande tra i Maestri: Federico Fellini

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. Sono dunque vent’anni tondi che il creativo riminese ci ha lasciato.

Sarà retorico forse sottolinearlo, però è la verità, pazienza se prende i contorni della retorica: i suoi film sono tutti lì, a disposizione di chi desidera accostarvisi; gioiellini da vedere e rivedere, destinati a rimanere per sempre.

Rai Movie oggi gli dedica un’ampia rassegna. Chi lo ama non vede l’ora di assaporare ancora una volta l’universo visivo di un Genio; chi non lo ha ancora scoperto ne approfitti, si accorgerà di persona che –come si usa dire nel gergo giovanile- Fellini è “tanta roba”.

Unico, e non è un’esagerazione: semplicemente, il suo cinema è un esemplare non replicabile.

Fa benissimo Paolo Sorrentino a insolentirsi quando qualcuno lo paragona a cotanto modello.

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“Federico è una cosa a parte”: questo dice a tutti quei giornalisti che, in vena di semplificazioni, hanno accostato La grande bellezza a La dolce vita. E figuriamoci ora che il film verrà scoperto dagli americani. Tre cose gli yankee conoscono di noi italiani: gli spaghetti, la Ferrari e Fellini. Vedrete che i recensori statunitensi, dopo aver visto il capolavoro di Sorrentino, titoleranno: “The great beauty, Sweet life part II”. O qualcosa di simile.

C’è chi invece, come Ettore Scola, è molto più sobrio. Che strano chiamarsi Federico, film uscito nelle sale il mese scorso (in Sardegna è passato appena di sfuggita, peccato), è un omaggio fatto come si deve. Eppure, apparentemente erano così diversi tra di loro. Mai lasciarsi ingannare dalle apparenze: Scola –che conosceva benissimo Fellini, erano amici e confidenti- ha capito che ciò che a prima vista poteva sembrare culto dell’effimero, della leggerezza, del disimpegno (

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il circo, le donne prosperose, la nostalgia della provincia) in realtà era cinema impegnato, che si contraddistingueva per un profondo rigore morale e una piena consapevolezza del significato ultimo della vita e della morte.

Fellini, insomma –questo è quello che ha voluto farci capire Scola- era una persona molto lucida, che volutamente aveva scelto di osservare la realtà col filtro della fantasia. Perché gli sembrava la maniera più onesta, nei confronti del pubblico e di se stesso. In un’epoca in cui bisognava essere per forza o bianchi o neri (ma anche oggi in fondo è così, non è cambiato poi tanto) lui aveva intuito che la realtà è fatta di infinite sfumature. Ed era bello utilizzare la macchina da presa per raccontarle, queste sfumature.<

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