Cleopatra. A Bitti un anno dopo, "Così ho recuperato l'orto di famiglia distrutto dall'alluvione"

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23-11-2014

Nel novembre del 2013, il paese di Bitti fu uno dei centri più colpiti dal ciclone Cleopatra che si abbattè sulla Sardegna. Terra di pastori e scrittori, poeti, intelletuali e voci potenti di cantori a tenore. Ai confini tra Barbagia e Logudoro, oggi, Bitti conserva poco più di 3mila abitanti in un anfiteatro urbano adagiato a valle dei colli Sant'Elia e Buon Cammino e del Monte Bannitu.

Di: Redazione Sardegna Live

Nel novembre del 2013, il paese di Bitti fu uno dei centri più colpiti dal ciclone Cleopatra che si abbattè sulla Sardegna.

Terra di pastori e scrittori, poeti, intelletuali e voci potenti di cantori a tenore. Ai confini tra Barbagia e Logudoro, oggi, Bitti conserva

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poco più di 3mila abitanti residenti in un anfiteatro urbano adagiato a valle dei colli Sant'Elia e Buon Cammino e del Monte Bannitu.

Una disposizione caratteristica che consente a chi arriva di ammirare dall'alto l'intera estensione del centro abitato, ma che è stata un una delle cause dei tanti disastri che quel 18 novembre di un anno fa misero in ginocchio la comunità.

La ferita più grande, per tutti, rimane la scomparsa dell'allevatore Giovanni Farre, trascinato via dalla piena di un torrente e mai più ritrovato.

Una sorte terribile che ha scosso i bittesi, gente forte e orgogliosa che non ha tardato a rimboccarsi le maniche per ripulire le sue strade, le sue case e i suoi campi rimettendo a posto quello che l'acqua aveva devastato.

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Emblematica dello spirito dei bittesi è la foto pubblicata dal professor Giorgio Burrai sul gruppo Facebook VITZIKESOS.

Insegnante di Economia, Diritto e Scienza delle Finanze all'Istituto Tecnico Commerciale "Oggianu" di Siniscola, Burrai ha documentato con una sorta di foto-racconto come, grazie all'aiuto dei figli, ha recuperato l'orto di famiglia che era andato completamente distrutto dall'alluvione.

"L'alluvione aveva distrutto tutto" racconta Burrai "A gennaio ho fatto rimuovere le pietre superficiali con un mezzo meccanico. Poi con lo stesso mezzo ho distribuito uno strato consistente di terreno agricolo. Ho manualmente asportato il pietrame e l'ho depositato ai bordi del nuovo corso del fiume e con esso sto cercando di realizzare un muro a secco

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per contenere eventuali future esondazioni. Il lavoro" prosegue il professore "è stato eseguito nei ritagli di tempo che la scuola consente. Sono stato aiutato dai figli compatibilmente con i loro impegni scolastici e la loro voglia. Non potevo assistere inoperoso alla distruzione e lasciare nell'incuria un bene da sempre coltivato".

Una storia di rinascita, come tante ne avremmo potuto raccontare di quei giorni successivi all'alluvione e di questi mesi in cui la gente ha contato i danni e poi, coraggiosa, si è rimessa in piedi. Come scrive Burrai su Facebook: "Oltre le intemperie... la caparbietà".

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