Ucraina. In Italia 70mila profughi

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25-03-2022

Verranno accolti anche negli immobili confiscati alle mafie

Di: Redazione Sardegna Live

Sfiora le 70mila unità il numero di profughi ucraini arrivati in Italia dall'inizio della guerra. Il governo, per ospitarli, è ora pronto a sfruttare anche gli immobili confiscati alle mafie, mentre lavora a meccanismi di redistribuzione degli arrivi tra le Regioni. Il protocollo d'intesa per l'utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata è stato firmato stamattina.

Per il Viminale si tratta in tutto di 622 immobili: 234 tra strutture abitative e ricettive che l'Agenzia nazionale per i beni confiscati assegnerà in comodato gratuito e temporaneo alle prefetture, e altri 388 beni già trasferiti agli enti locali ma non ancora usati.

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"Il ricorso ai beni confiscati assume anche un forte valore simbolico - ha evidenziato la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese - in quanto i patrimoni sottratti al circuito criminale saranno destinati a chi sfugge dal teatro di guerra, valorizzando le finalità sociali proprie del loro riutilizzo".

Secondo i dati del ministero sono 69.154 i profughi arrivati finora in Italia dall'Ucraina, di cui 1.269 registrati nelle ultime 24 ore. Le donne sono 35.577; i minorenni 27.311. Le città di destinazione dichiarate all'ingresso in Italia continuano a essere in prevalenza Milano, Roma, Napoli e Bologna. Molti profughi arrivano avendo già dei contatti in Italia. Anche per questo la loro distribuzione sul territorio nazionale non è omogenea, ma si concentra in alcune regioni come l'Emilia Romagna, la Lombardia e il Lazio, che contano "numeri di profughi piuttosto ingenti, con uno stress dei servizi sociali", sottolinea la ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini.

"Per l'accoglienza molti degli sforzi sono sulle spalle dei comuni e delle regioni, e stiamo provando con la ministra Lamorgese anche a capire come si può fare la distribuzione di questi profughi nelle diverse regioni, in modo da non sovraccaricarne alcune", afferma Gelmini. "Non è facile perché molti arrivano avendo qua con dei collegamenti, parenti, persone con cui sono in contatto, e quindi non c'è una pianificazione degli ingressi e una distribuzione equilibrata all'interno delle regioni".

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