Meno di 6 euro all’ora per lavorare in un museo. “È così che l’Italia investe nella cultura?”

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01-02-2023

Stipendi da fame, partite Iva che mascherano il lavoro dipendente, contratti occasionali, orari che non vengono rispettati. La denuncia di un ex lavoratore del Chiostro del Bramante

Di: Alessandra Leo, foto Ansa

Paghe misere, partite Iva che mascherano il lavoro dipendente, contratti occasionali e quasi mai rinnovati, la considerazione della cultura solo in ambito di attività da tempo libero: sono i problemi principali che il settore affronta purtroppo da anni, denunciati da un ex dipendente del Chiostro del Bramante. Ne parla la giornalista Chiara Sgreccia in un articolo su L’Espresso Repubblica.

Cinque euro e ottanta all’ora. È la paga che l’ex dipendente, assunto come guardasala, anche se prevalentemente spiegava ai visitatori le opere esposte, guadagnava in una delle più celebri strutture museali della Capitale.

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Lavorava con un contratto di collaborazione occasionale su cui era scritto, afferma l’intervistato, che le ore da lavorare ogni mese sarebbero dovute essere 16. “Invece erano almeno 120 - dice con tanto di Excel per provare l'orario svolto - non ho avuto un weekend libero per mesi, anche se ho lavorato a Natale, alla viglia, l’ultimo dell’anno, il primo”.

L’ex dipendente è laureato in Beni culturali e vorrebbe lavorare come guida turistica, ma è scoraggiato: “Siamo tutti sulla stessa barca. Accettiamo le uniche condizioni che ci vengono offerte perché non ci sono posti di lavoro nel settore”.

In Italia pensiamo alla cultura come se fosse un'attività solo per il tempo libero.

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Non è così: archeologi, guide, storici dell'arte sono professionisti che devono essere adeguatamente retribuiti per il lavoro che svolgono. Come l'idraulico o il medico” è la considerazione di Giuliana Calcani, docente di Archeologia classica dell'Università Roma Tre.

Come spiega L’Espresso, secondo la professoressa è necessario che tutti considerino la cultura un importante patrimonio che ci appartiene, e che quindi costituisca la normalità nella vita di ognuno. Abbassare il costo del biglietto per entrare in un museo potrebbe essere il primo fondamentale tassello ma la strada, come dimostrano negli ultimi mesi gli scioperi, le denunce e le situazioni nel settore della cultura, è lunga, ripida e tortuosa.

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Sono tanti gli ambiti lavorativi che devono affrontare grosse difficoltà negli ultimi decenni, ma quello culturale è sicuramente penalizzato. Viviamo nel Paese della cultura e dell'arte per eccellenza, tante persone dedicano anima e corpo per studiare e fare esperienze in questi campi, per poi arrivare a svolgere attività che l'opinione comune considera appena dei lavori.

Un gran peccato, vista l'enorme quantità di risorse che l'Italia potrebbe impiegare per valorizzare al massimo il proprio patrimonio e mantenerlo grandioso nel tempo. Invece si parla di settori sempre più di nicchia, dedicati al tempo libero delle persone benestanti e di giovani inclini a certi lavori sempre più scoraggiati perché sanno bene che, lavorando con la cultura, il più delle volte non potrebbero permettersi una vita dignitosa.

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