19 luglio 1992: la morte di Paolo Borsellino

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19 lug 2020

Fu ucciso a Palermo dove morirono anche cinque agenti della sua scorta. Tra loro Emanuela Loi

Di: Dante Tangianu

Il nostro passato, come Paese, è fatto di eventi che ci hanno consegnato una società in cui il progresso sociale culturale e democratico non è mai arrivato per caso, ma, troppo spesso, anche a caro prezzo, pagato con vite umane, soldati e uomini ansiosi di libertà e giustizia, di cui tutti dobbiamo avere memoria.

Senza le lezioni della nostra storia, di ciò che siamo stati, si perdono i punti di riferimento e si brancola nel buio, perché nulla si può cancellare. Privi dell’esperienza del passato, si ripeterebbero gli stessi errori per iniziare di nuovo tutto daccapo, per rivivere le stesse tragedie.

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La storia e i fatti degli ultimi settant’anni stanno lì a dimostrare che il vivere civile e la stessa struttura democratica della nostra giovane Repubblica hanno retto e reggono grazie ai Guardiani della Carta costituzionale: uomini e donne, delle istituzioni e non, conosciuti o anonimi cittadini che con un innato senso del bene comune hanno profuso agli altri, e continuano a farlo, fiducia e speranza.

Tanti, troppi, dei Guardiani delle nostre vite non ci sono più, stroncati dalla mano armata dei nemici dello Stato di diritto.

Ricorre, oggi, l’anniversario della morte di uno dei nostri Eroi, Paolo Borsellino, il magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992, a Palermo, la sua città. La stessa mafia che soltanto due mesi prima, il 21 maggio, aveva assassinato Giovanni Falcone, sempre a Palermo, collega di tante battaglie contro le cosche mafiose. Sono caduti, insieme a loro, nei due attentati, otto uomini delle scorte e la moglie di Falcone, Francesca Morvillo, anche lei magistrato. Tra i morti, l’ agente sarda, Emanuela Loi, 24 anni, di Sestu, la prima donna a della polizia di Stato a cadere in servizio.

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I due magistrati erano consapevoli del fatto che la loro vita era quotidianamente a rischio. Ebbene, qual era, nei due uomini, l’elemento prevalente e decisivo affinché entrambi anteponessero alla propria esistenza la causa dello Stato e di una società che credeva in esso? Poteva essere solo uno: il desiderio innato di giustizia e libertà nel nostro Paese, ad ogni costo.

Ecco cosa abbiamo avuto, come lascito, dagli Eroi della nostra Italia, di un’Italia dove vorremmo che di Eroi non ce ne fossero più e, probabilmente, questo potrebbe anche essere possibile, a patto che tutti i cittadini abbiano o acquisiscano quel senso del bene comune di chi ha sacrificato la vita per la Patria.

"Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo", disse una volta Paolo Borsellino.

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