Caso Monni: una filastrocca su whatsapp ha acceso la furia omicidia. Ora chi sa parli

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25 mag 2016

LA SVOLTA – Sono emersi particolari agghiaccianti dalla conferenza stampa tenutasi questa mattina a Nuoro per chiarire i passaggi delle indagini che oggi hanno portato all'arresto di Paolo Enrico Pinna, 19enne di Nule, e di suo cugino Alberto Cubeddu, 21enne di Ozieri, accusati di aver ucciso Gianluca Monni, di aver sequestrato, ucciso e occultato il cadavere di Stefano Masala e di avere poi bruciato la macchina, di proprietà del padre di Masala, a bordo della quale i due si erano recati a Orune per uccidere Monni.

Di: Redazione Sardegna Live

LA SVOLTA – Sono emersi particolari agghiaccianti dalla conferenza stampa tenutasi questa mattina a Nuoro per chiarire i passaggi delle indagini che oggi hanno portato all’arresto di

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Paolo Enrico Pinna, 19enne di Nule, e di suo cugino Alberto Cubeddu, 21enne di Ozieri, accusati di aver ucciso Gianluca Monni, di aver sequestrato, ucciso e occultato il cadavere di Stefano Masala e di avere poi bruciato la macchina, di proprietà del padre di Masala, a bordo della quale i due si erano recati a Orune per uccidere Monni.

I RETROSCENA – A scatenare la furia omicida di Paolo Enrico Pinna, che avrebbe poi trovato complicità in Cubeddu, sarebbe stata la bruciante umiliazione conseguente a un violento pestaggio subito a Orune, nel dicembre 2014, quando in occasione di Cortes Apertas il Pinna, dopo aver infastidito la ragazza di Gianluca Monni era stato allontanato dallo stesso che si era visto puntare una pistola dal rivale nulese. Disarmato, Pinna era stato violentemente picchiato da un gruppo di giovani orunesi che lo avevano costretto ad abbandonare il paese barbaricino. In quell’occasione, Pinna, era andato a Orune assieme a Stefano Masala che però non era stato coinvolto nella rissa.

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UN AUDIO SU WHATSAPP – Successivamente la famiglia di Paolo Pinna, in particolare il padre, aveva avviato delle delicate trattative con la famiglia di Gianluca Monni perché la pistola venisse restituita. Dopo alcuni mesi di silenzio, il 20 aprile 2014, la filastrocca di un poeta estemporaneo orunese ricevuta tramite messaggio audio in un gruppo Whatsapp da Paolo Pinna, era stata interpretata dal giovane nulese come un affronto e un ulteriore presa in giro in riferimento alla lite di qualche mese prima. Il giovane si era subito confrontato col cugino chiedendo un parere e confidandogli la sua interpretazione.

LA PREMEDITAZIONE – A questo punto Pinna avrebbe iniziato a tessere le sue trame per portare a compimento il suo folle disegno di vendetta. Riallacciati i contatti telefonici con Stefano Masala – le loro frequentazioni si erano pressoché interrotte dopo la serata ad Orune – Pinna invitò il cugino Cubeddu ad aggiustare una motocicletta di sua proprietà, che sarebbe servita nelle fasi successive all’omicidio di Gianluca Monni.

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GLI OMICIDI – La sera del 7 maggio 2015, Stefano Masala era stato convinto da Pinna ad uscire di casa con la falsa promessa di incontrare una ragazza interessata ad una relazione sentimentale con lui. Masala si era allontanato da Nule a bordo della Opel Corsa del padre assieme a Pinna che, dopo aver recuperato un involucro nascosto dietro un muretto a secco nella periferia del paese, aveva ucciso Stefano così da potersi recare a bordo della Opel ad Orune assieme a Cubeddu per ammazzare, la mattina successiva, Gianluca Monni alla fermata del pullman.

L’OCCULTAMENTO DELLE PROVE – Una volta ucciso lo studente, i due sodali, erano fuggiti verso Ozieri dove avevano nascosto la macchina in alcuni locali forniti da Cubeddu. Pinna aveva poi fatto ritorno a Nule a bordo della motocicletta di proprietà del cugino fatta aggiustare per l’occasione. Nella notte fra l’8 e il 9 maggio 2015 era poi stata data alle fiamme la Opel dei Masala nelle campagne di Pattada. La speranza dei due presunti assassini era che la scomparsa di Masala e il ritrovamento dell’auto in fiamme facessero ricadere i sospetti dell’omicidio Monni proprio sul 28enne nulese di cui non si sarebbero avute più notizie.

CHI SA PARLI – Eppure le indagini dei carabinieri dei Comandi Provinciali di Nuoro e Sassari, del ROS, del Reparto Investigazioni Scientifiche di Cagliari dei Cacciatori di Sardegna hanno, dopo poco p

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