Peste suina. L'Unità di progetto: "Quanto accaduto oggi non fermerà in alcun modo l'azione di depopolamento dei maiali illegali"

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11-02-2016

“È obiettivo di questa giunta liberare la Sardegna da 38 anni di schiavitù sanitaria animale dovuta alla PSA – ha proseguito De Martini – un periodo buio per la nostra zootecnia in cui il comparto suino, con i suoi tanti allevamenti legali, ha pagato il prezzo maggiore: negli ultimi 5 anni si è quasi dimezzato il numero dei maiali allevati sull'Isola”.

Di: Redazione Sardegna Live

“Quanto accaduto questa mattina nelle campagne di Desulo non fermerà in alcun modo l’azione di depopolamento dei suini illegali che si trovano ancora in alcune aree della Sardegna”.

Lo ha detto il responsabile dell’Unità di progetto per l’Eradicazione della Peste suina africana, Alessandro De Martini, che ha aggiunto: “Si tratta di animali, allevati illegalmente, senza alcun controllo sanitario, che alimentano la diffusione della Peste suina africana (come dimostrano i dati dei prelievi effettuati sui maiali abbattuti lo scorso 5 febbraio che hanno registrato il 30% di soggetti positivi al virus) e che vengono macellati clandestinamente, senza nessuna precauzione igienico sanitaria, e quindi possono mettere a rischio la salute degli ignari o incauti acquirenti con malattie pericolosissime per l’uomo come la Trichinellosi”.

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“È obiettivo di questa giunta liberare la Sardegna da 38 anni di schiavitù sanitaria animale dovuta alla PSA – ha proseguito De Martini – un periodo buio per la nostra zootecnia in cui il comparto suino, con i suoi tanti allevamenti legali, ha pagato il prezzo maggiore: negli ultimi 5 anni si è quasi dimezzato il numero dei maiali allevati sull’Isola”.

Da Bruxelles. La Sardegna, spiega l’Unità di progetto, è sorvegliata speciale della Commissione europea, in quanto realtà del vecchio continente dove da più tempo è presente la malattia dei suini. La stessa Unione europea ritiene che le azioni di depopolamento messe in campo dalla Regione Sardegna siano ancora troppo deboli e su questa chiave di lettura ha deciso di interrompere il finanziamento, che nel 2015 era stato di un milione di euro, per il piano di eradicazione della PSA.

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Se gli interventi di emersione dall’illegale da un lato e di depopolamento dall’altro non dovessero raggiungere gli obiettivi concordati con Bruxelles c’è il rischio che l’embargo sulle carni suine sarde continui per chissà quanti anni e che anche diversi finanziamenti per il benessere degli animali vengano messi sotto osservazione e decurtati.

Perché conviene sconfiggere la PSA. Due esempi su tutti danno l’idea dei vantaggi che potrebbe avere la Sardegna qualora fosse una terra “Peste suina free”. Portogallo e Spagna hanno lottato contro la malattia per ben 40 anni. Solo alla fine degli anni Novanta, dopo una serie di politiche di contrasto agli allevamenti illegali e al pascolo brado, si è riusciti a liberare tutta la penisola Iberica dalla PSA, superando l’embargo imposto dall’Ue e riaprendo l’esportazione delle carni.

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Oggi, il rinomato prosciutto spagnolo Pata Negra è fra i salumi più apprezzati, conosciuti e di maggior valore di vendita nel mondo. Un intero comparto ha ripreso a costruire economie importanti che vedono la Spagna fra i mercati leader nelle produzioni suine di qualità.

La Sardegna non ha niente da invidiare ai vicini mediterranei: né in termini di esperienze di allevamento, né di trasformazione. Abbiamo davanti a noi, come intero comparto agricolo e come intera regione, la scelta e la responsabilità di vincere questa sfida per dare slancio a un mercato che potrebbe portare sviluppo e ricchezza economica nella nostra isola.

La Regione premia la legalità. La Regione premia la legalità finanziando l’emersione e la gestione degli allevamenti controllati e a norma di legge. Nel Programma di sviluppo rurale 2014-2020, per la prima volta in Sardegna, è prevista la misura del benessere animale per i suini con uno stanziamento totale di 50milioni 638mila euro.

Un impegno finanziario importante a cui si possono affiancare tutte le altre misure previste nella nuova programmazione che contribuiscono, anche con finanziamenti che raggiungono l’80% a fondo perduto, alla costruzione delle strutture e all’acquisto dei mezzi necessari per l’avvio degli allevamenti.

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