Scoop fotografico a Villa Certosa, la Cassazione: "Lesa la privacy di Silvio Berlusconi"

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17 giu 2015

'Villa Certosa', il buen retiro di Silvio Berlusconi in Sardegna - dove hanno soggiornato anche Tony Blair e Vladimir Putin - è indubbiamente una "dimora privata" e la circostanza che l'ex premier, nel parco della residenza in Costa Smeralda, abbia tenuto con giovani donne, sue ospiti, atteggiamenti privi di "riserbo comportamentale" non giustifica l'intrusione del teleobiettivo del fotografo.

Di: Redazione Sardegna Live

'Villa Certosa', il buen retiro di Silvio Berlusconi in Sardegna - dove hanno soggiornato anche Tony Blair e Vladimir Putin - è indubbiamente una "dimora privata" e la circostanza che l'ex premier, nel parco della residenza in Costa Smeralda, abbia tenuto con giovani donne, sue ospiti, atteggiamenti privi di "riserbo comportamentale" non giustifica l'intrusione del teleobiettivo del fotografo.

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Lo afferma la Cassazione rilevando, a tutela di Berlusconi - e dei vip in vena di effusioni 'en plein air' - che il diritto alla privacy "va rispettato indipendentemente dal modo in cui lo esercita il suo titolare". In sostanza - scrivono gli ermellini sentenza n.25363 depositata oggi sulle foto scottanti pubblicate da 'Oggi' il 17 aprile 2007 - il fatto che Berlusconi abbia agito "senza particolari cautele", "alla luce del sole" e "con un mare di gente intorno", tra amici, guardie del corpo e inservienti vari, non significa che avesse deciso di rinunciare alla segretezza delle sue "manifestazioni della vita privata".

Per quanto riguarda chi pubblica foto simili, 'rubate' da un privato domicilio, la Cassazione spiega che l'utilizzo del petshop per ritoccarle e del teleobiettivo per farle, dimostra che le scene immortalate non erano visibili "senza particolari accorgimenti" e che il mezzo di intrusione "era invasivo".

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Quindi, in casi del genere, non ci si può difendere sostenendo che "tutto" era "percepibile a occhio umano". Lo stesso fotografo autore degli scatti di Villa Certosa, Antonello Zappadu, aveva ammesso - ricorda la Cassazione - di averli fatti a una distanza di circa 150 metri "che consentiva di vedere i comportamenti ma non i volti". Tuttavia - ad avviso della Suprema Corte - il direttore responsabile della testata che pubblica foto 'clandestine', acquistate da un terzo, non può essere condannato per ricettazione di scatti proibiti se l'unico fine di lucro individuato dai giudici consiste nell'aumento delle copie vendute per il clamore delle immagini.

E' questo infatti il motivo per il quale i supremi giudici hanno annullato, con rinvio alla Corte di Appello di Milano, la condanna a 2.500 euro di multa per ricettazione - la violazione della privacy si era già prescritta - inflitta in secondo grado, il 29 ottobre 2014, a Giuseppe Belleri allora direttore di 'Oggi'. Si dovrà chiarire - ha disposto la Cassazione - "se, in presenza di un eventuale utile professionale, anche di natura non economica per sè e/o per l'editore, dette utilità possano integrare il profitto del reato di ricettazione".

Belleri è stato difeso dall'avvocato Caterina Malavenda che ha definito "troppo sbrigativo" individuare il lucro - elemento costitutivo della ricettazione insieme alla consapevolezza - nell'aumento delle vendite, considerando anche che il direttore non fece ulteriore carriera e dopo un anno dallo scoop lasciò la guida del settimanale. Berlusconi, difeso da Nicolò Ghedini, aveva ottenuto complessivamente 10mila euro di risarcimento danni.

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