Omicidio a San Teodoro. I genitori di Erika Preti: "Dimitri per noi era come un figlio, non possiamo credere che la causa di tutto siano state due briciole sul tavolo".

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23 lug 2017

"Sì, l'ho uccisa io. Stavamo litigando". Dopo quarantuno lunghissimi giorni di indagini, di voci, di sospetti e depistaggi, il biellese Dimitri Fricano, 30 anni, ieri ha confessato.

Di: Redazione Sardegna Live

"Sì, l'ho uccisa io. Stavamo litigando". Dopo quarantuno lunghissimi giorni di indagini, di voci, di sospetti e depistaggi, il biellese Dimitri Fricano, 30 anni, ieri ha confessato.

E' stato lui a vibrare quelle coltellate a Erika Preti, 28 anni, la sua fidanzata, nella casetta in Sardegna dove entrambi stavano trascorrendo una vacanza. E' stato lui, non quel fantomatico e feroce ladro sconosciuto di cui aveva sempre raccontato. Un litigio. Scaturito da un nonnulla.

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Dimitri, la mattina del 12 giugno, vuole uscire per comperare le sigarette. "Erika - ha detto ieri ai propri avvocati - mi ha rimproverato: il tavolo è sporco, ci sono delle briciole, sei il solito fannullone".

Poi l'esplosione di violenza. I carabinieri troveranno mobili rovesciati, ciocche di capelli sul pavimento, Dimitri con una ferita alla testa ("lei mi ha colpito con un fermacarte in pietra") ed Erika a terra, il collo trafitto da un coltello per tagliare il pane.

I tempi sono facili da ricostruire: alle 11 la ragazza manda un sms alla madre, "Tutto bene - baci", alle 11:18 arriva la prima ambulanza. Per i genitori di Erika, Fabrizio Preti e Tiziana Sulman, è dolore che si aggiunge a dolore.

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"Dimitri per noi era come un figlio. Abbiamo sperato fino all'ultimo che fosse innocente. Ma ora vogliamo capire come sono andate le cose. No, la versione della lite non ci convince. Non possiamo credere che la causa di tutto siano state due briciole sul tavolo".

Toccherà all'inchiesta fare la chiarezza necessaria. Dimitri, dopo la confessione resa a Biella nello studio dell'avvocato Alessandra Guardini in collegamento video con un altro legale, il sardo Roberto Onida, è in stato di fermo. Domani sarà interrogato da un gip nella città piemontese.

Poi il fascicolo verrà trasmesso alla procura di Nuoro, competente per territorio. Dimitri ha passato quarantuno giorni a negare. Non aveva convinto né i carabinieri né i magistrati. Ma nel frattempo erano cominciate le indagini parallele degli avvocati delle due famiglie, con il sopralluogo nella villetta di San Teodoro da parte di un ex generale dell'Arma, Luciano Garofalo, già comandante del Ris, e il lavoro discreto ma costante di un investigatore privato, Nicola Santimone.

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Il trentenne, che era seguito da una psicologa di Ivrea, Daniela Ponzetti, alla fine è crollato. Il peso era diventato insopportabile. E' stata la mamma, Simonetta, la prima a rendersene conto e a interpellare gli avvocati. "In accordo con i genitori di Dimitri - commenta l'avvocato Guardini dopo avere accompagnato il giovane in procura a Biella - il nostro obiettivo è sempre stato quello di arrivare alla verità, qualunque potesse essere. Questo anche nel rispetto di Erika e della sua famiglia, che non dovrà attendere per avere giustizia".

Costernata Raffaella Molino, sindaco di Pratolungo (Biella), il paesino di Erika. "Noi le volevamo bene. Tutti. Era una bravissima ragazza. E adesso è come se fosse stata uccisa per la seconda volta".

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