Antonia Mesina martire della purezza: 86 anni fa il barbaro delitto

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17 mag 2021

Intenta a raccogliere legna nelle campagne di Orgosolo, venne aggredita da un compaesano e uccisa per essersi opposta a un tentativo di violenza sessuale

Di: Redazione Sardegna Live

Sono passati 86 anni da quando Antonia Mesina, sedicenne di Orgosolo, venne assassinata da un compaesano per essersi opposta a un tentativo di violenza sessuale. Una storia che sconvolse l'opinione pubblica isolana dell'epoca. La strenua resistenza per preservare la propria dignità, che valse la morte alla ragazza, ne determinò la beatificazione nel 1987.

Papa Giovanni Paolo II, nell'omelia della messa celebrativa in piazza San Pietro, disse: "E rallegratevi con me anche voi della diocesi di Nuoro, voi cittadini di Orgosolo e dell'intera Sardegna, per la giovane Antonia Mesina, che oggi proclamiamo beata. Il suo martirio è anzitutto il punto di arrivo di una dedizione umile e gioiosa alla vita della sua numerosa famiglia: è stato il suo sì costante al servizio nascosto in casa che l'ha preparata ad un sì totale. Il fascio di legna raccolto per fare il pane nel forno di casa, quel giorno di maggio del 1935, rimane sui monti accanto al suo corpo straziato da decine e decine di colpi di pietra. Quel giorno si accende un altro fuoco e si prepara un altro pane per una famiglia molto più grande".

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IL DELITTO. Antonia Mesina, seconda dei dieci figli di Agostino Mesina, guardia campestre, e Grazia Rubanu, la mattina del 17 maggio 1935, dopo aver partecipato alla messa in parrocchia, si recò in campagna per raccogliere della legna, necessaria per la cottura del pane in casa. Per strada incontrò una vicina di casa, Annedda Castangia, che sarà la principale testimone dei fatti al processo penale e di beatificazione.

Mentre le due giovani erano intente a legare in fasci la legna raccolta, distanti tra loro alcune decine di metri, Antonia Mesina venne aggredita da un compaesano, il ventunenne Ignazio Catgiu, che la trascinò fra i cespugli e tentò di violentarla. La giovane si oppose con incredibile coraggio causando la furiosa reazione del Catgiu, che massacrò Antonia Mesina con 74 colpi di pietra.

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L'ultimo colpo, inferto con una grossa pietra, le spaccò il cranio e le sfigurò il viso.

Ignazio Catgiu venne catturato e condannato a morte il 27 aprile 1937, sentenza eseguita mediante la fucilazione avvenuta il 5 agosto dello stesso anno a Pratosardo (Nuoro).

La dirigente dell'Azione Cattolica Armida Barelli, che aveva conosciuto Antonia Mesina durante una visita a Orgosolo, il 5 ottobre 1935 informò il papa Pio XI della vicenda, presentando la giovane con queste parole: "Ci permettiamo di presentare il primo fiore della Gioventù Femminile di Azione Cattolica Italiana, il primo figlio reciso dal martirio, la sedicenne Antonia Mesina di Orgosolo, educata alla scuola di Maria Goretti". Il 22 settembre 1978 papa Giovanni Paolo I diede avvio al processo di canonizzazione. Antonia Mesina, insieme a Pierina Morosini e Marcel Callo, venne beatificata il 4 ottobre 1987 da Giovanni Paolo II.

La salma della beata è esposta alla venerazione dei fedeli nella cripta della moderna chiesa parrocchiale di Orgosolo, nel centro del paese, poco lontano dalla sua casa natale.

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