"Nel deserto" di Grazia Deledda: un romanzo alla scoperta dei meandri dell'animo umano
Ripercorriamo insieme storia, temi e motivi di uno dei romanzi più sottovalutati della narrativa deleddiana. Un racconto intimo e riflessivo che trasporta il lettore nel palcoscenico urbano, ma ricco di richiami alla terra natia. Ecco perché "Nel deserto" di Grazia Deledda è un'opera tutta da scoprire
Di: Giammaria Lavena
La narrativa deleddiana può vantare, nel suo insieme, un corpus invidiabile: decine, anzi centinaia fra romanzi, novelle, raccolte di poesie e scritti dell'autrice barbaricina. Se da un lato capolavori acclamati dalla critica come Canne al vento, L'edera, Elias Portolu o Cosima sono ancora oggi oggetto di studio e analisi, dall'altro alcune opere rimangono ingiustamente eclissate all'ombra di una produzione letteraria rigogliosa, poco note al vasto pubblico di lettori. E' il caso del romanzo
TEMI E MOTIVI. Venne pubblicato per la prima volta il 16 febbraio 1911, comparendo a puntate sulle pagine della Nuova Antologia e nello stesso anno venne edito dai Fratelli Treves a Milano. Per le tematiche trattate, Nel deserto rientra a buon diritto nel novero dei romanzi autobiografici della Deledda fra i quali, peraltro, rimane uno dei meno fortunati. Lavoro in parte snobbato dalla critica, poco letto e “chiacchierato” dal pubblico, non riscuoterà mai il successo sperato, come avvenne anche per altri racconti della scrittrice barbaricina, soprattutto quelli degli esordi giovanili. L’opera si colloca nel periodo di piena maturità artistica della Deledda, arrivando dopo i successi segnati a inizio secolo da
LA "QUESTIONE SARDA". Se è vero che dal romanzo emerge con chiarezza quasi tutto ciò che di essenziale trasmette nel suo insieme il corpus deleddiano, diventa irrinunciabile domandarsi quali fattori abbiano fatto sì che esso rimanesse fuori dal canone delle grandi opere dell’autrice che tutt’oggi continuano a riscuotere grande interesse fra critici e storici letterari. Nella sua prefazione a Nel deserto, Giulio Angioni indica come possibile causa di ciò “l’assenza, o la presenza meno importante, dell’elemento che si può dire abbia fatto in misura prevalente la fortuna della narrativa deleddiana nel mondo, ossia il legame con la Sardegna”. La parziale distanza che si registra rispetto ad altri romanzi da quel mondo ancestrale e da quella sua terra incontaminata, che la Deledda più di tutti ha saputo raccontare, avrebbe comportato in qualche modo per l’opera in questione un minor appeal, ed esercitato una più sbiadita attrattiva nella platea dei lettori.
TRAMA. Il romanzo racconta le vicende di Lia Asquer, giovane orfana che vive con la zia Gaina in un piccolo paesello della Sardegna. A spezzare la monotonia della quotidianità sopraggiunge una lettera indirizzata proprio a Lia dallo zio Luisi, malato e in pensione, che chiede alla nipote di andare a vivere con lui a Roma. Nonostante i tentativi della zia di far desistere la giovane dal richiamo della capitale, quest’ultima, spinta da un senso di incompiutezza, abbandonerà l’Isola per cercare fortune in quel mondo. A Roma, lo zio si rivela essere scorbutico, pessimista e irascibile, differente dall’uomo affettuoso mostratosi precedentemente nelle lettere. La protagonista, tuttavia, se ne prende cura assistendolo fino alla morte e trova, nel frattempo, l’amore nella persona di Justo, vedovo e con un figlio, che decide di sposare nonostante la disapprovazione dello zio. In seguito a questo “sgarbo”, Lia si convincerà del fatto che questi l’abbia diseredata in punto di morte in favore della serva Costantina. Dopo qualche tempo, Justo muore lasciando Lia sola con i figli. Vedova e disillusa in una città dove non trova gli stimoli che anelava decide di tornare a vivere in Sardegna, dalla zia Gaina. È proprio qui che un evento ormai inaspettato porrà fine alle sue ristrettezze economiche: lo zio Luisi ha lasciato alla nipote una grossa eredità. Ma ormai è tardi, il suo destino è compiuto. Col cuore lacerato e l’anima ferita, Lia non si scrollerà mai più quel senso di esilio e di ineluttabilità insito in lei, accompagnata dai fantasmi del suo passato.
GRAZIA FRA DUE MONDI. Il passaggio dal piccolo borgo isolano alla grande città mette in risalto la netta evoluzione sociale marcata da quest’ultima, che lascia indietro chiunque non rimanga al passo coi ritmi e le esigenze della modernità. Roma, per quanto grande e dinamica, paradossalmente appare alla protagonista come un deserto urbano. Inevitabile constatare un parallelo con la vita dell’autrice stessa, trapiantata dalla Sardegna a Roma, dove andrà a vivere insieme al marito con due figli maschi. L’iniziale stupore negli occhi di Lia Asquer, ammaliata dalle meraviglie capitoline, è lo stesso che dovette avvertire la Deledda, che provava un sentimento profondo per la città eterna. In quel
Nell’evidenza autobiografica di alcuni suoi romanzi, la scrittrice non racconta solo sé stessa, ma veicola in modo potente ed efficace la sardità barbaricina e la Sardegna più verace, fino ad allora una quasi enclave etnico culturale sconosciuta al pubblico medio che attraverso la sua narrazione dirompe in tutta la sua forza. La
FRA SIMBOLOGIA E REALTA'. Ecco, appunto, la potenza di scrittrice che emerge principalmente nei suoi romanzi per così dire “sardi”, agli occhi del lettore viene un po’ a scemare nei romanzi “non sardi”. Non è superfluo, dunque, ribadire come questo appaia come uno dei motivi per cui Nel deserto – che sì è un romanzo autobiografico, ma che sposta il suo epicentro a Roma sottraendolo a quell’iconico mondo isolano-agropastorale – non riesce a far breccia nel cuore del grande pubblico. Eppure, a ben vedere, nonostante la scrittrice in questo caso sposti gran parte della narrazione nel teatro urbano della Capitale, il romanzo conserva integra l'impronta delle atmosfere isolane
ECO DI SARDEGNA. L’insuccesso immeritato di Nel deserto, in sostanza, pare dovuto in maniera significativa all’affievolirsi della minuziosa e suggestiva impronta ambientale isolana della sua narrativa. Nella temperie culturale novecentesca, che vede il sorgere di una variegata e innovativa produzione letteraria, atta a progredire e talvolta trasgredire dal canone classico, la Deledda si impone come punto di riferimento di una rappresentazione caratterizzante il mondo rurale e i suoi personaggi. Cosicché, la trasmigrazione di questi ultimi in una realtà urbana disattende il lettore uso a trovare nelle pagine della scrittrice nuorese quelle atmosfere che contraddistinguevano i precedenti romanzi isolani. Lì, dove luoghi atavici erano stati raccontati attraverso lo sguardo dei personaggi autoctoni e le credenze e i miti apotropaici propri di una tradizione millenaria prendevano forma.
Se è pur vero che in Nel deserto l’autrice si lascia alle spalle quei luoghi evocati dalla sua più tipica narrazione, va però detto che non li abbandona del tutto, incentrando semmai l’attenzione sui protagonisti, col paesaggio nativo che fa da sfondo e insieme al nuovo scenario urbano diventa richiamo degli stati d’animo degli stessi, mettendo a nudo la costitutiva simbiosi uomo-natura-ambiente. Se ne può trarre la conclusione che, nonostante la scelta – che è quasi un’esigenza di strategia narrativa e letteraria della scrittrice – di allontanarsi dalla comfort zone originaria della sua produzione, Grazia riesce ad ogni modo a rimanere fedele a sé stessa e alla sua visione, in un’opera che porta a un’attenta riflessione sulla natura delle cose e che ben si colloca in un’epoca di smarrimento ideale, di incertezze latenti e di crisi come quella primonovecentesca.