Un ergastolano sardo: “Meglio morire che finire la vita in cella”

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05 giu 2019

La risposta a un editoriale che riguardava la vicenda di Cesare Battisti

Di: Ansa

"Molto tempo fa presentai richiesta presso il tribunale di sorveglianza di Perugia affinché mi venisse tramutata la pena dell'ergastolo in pena di morte. La risposta fu che la pena di morte non era contemplata né dalla Costituzione né dall'ordinamento penitenziario. Così non mi fu difficile dedurre che lo Stato mi proibiva di morire con un colpo secco ma mi concedeva di morire a poco a poco: ed è questo che sto vivendo".

Così l'ergastolano Mario Trudu, in una lettera dal carcere di Massama in risposta ad un editoriale della scrittrice Vanessa Roggeri sulla Nuova Sardegna che riguardava la vicenda di Cesare Battisti, l'ex Pac arrestato a gennaio in Bolivia, consegnato all'Italia per espiare una condanna per 4 omicidi commessi 40 anni fa e oggi recluso anch'egli a Massama.

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Nella missiva inviata al quotidiano Trudu, in cella dal 1979 - 40 anni interrotti, come ricorda lui stesso, "solo da 10 mesi di latitanza tra il giugno 1986 e l'aprile 1987" - ricorda che il suo fine pena è "nel 99/99/9999" e replica in particolare alle affermazioni sugli sconti di pena dicendosi in disaccordo con chi ritiene che queste misure non debbano esistere. Poi si rivolge direttamente alla scrittrice: "Nessuno ha intenzione di concedermi qualche sconto di pena, quindi non sarà pericolo che non mi trovi in questo museo degli orrori, ci sarò...".

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