In Sardegna 1 giovane su 4 non lavora e non studia

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14 dic 2022

Una ricerca effettuata nel 2021 in Sardegna da Save The Children, con il progetto Futuro Prossimo, ha fatto emergere dati alquanto preoccupanti

Di: Redazione

In Sardegna 1 giovane su 4 non lavora e non studia

Tra i fenomeni più discussi e più studiati di questi ultimi anni c'è sicuramente quello dei NEET (acronimo di Not in Education, Employment or Training), ossia giovani che non sono coinvolti in percorsi di studio né di lavoro. Tra le regioni italiane in cui questi giovani sono costantemente in aumento c'è proprio la Sardegna.

Sardegna e NEET

Una ricerca effettuata nel 2021 in Sardegna da Save The Children, con il progetto Futuro Prossimo, ha fatto emergere dati alquanto preoccupanti. Dal report emerge infatti che il

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12% di ragazze e ragazzi abbandona la scuola precocemente, addirittura il 26,1% poi non studia, non lavora e non partecipa ad alcuna formazione continua. Il fenomeno dei NEET, quindi, ha preso piede e non accenna a fermarsi.

I dati sopra rappresentati sono poi integrati dalla Welfare Italia Index, la quale si occupa di monitorare gli interventi in materia di previdenza, salute, politiche sociali e formazione. Risulta, infatti, che la Sardegna presenta un tasso di dispersione scolastica pari al 40%, ossia oltre il doppio rispetto al 18% della media nazionale. Medesimo discorso per il tasso di disoccupazione, al 13,3%, rispetto alla media italiana del 9,2%.

Nonostante ciò, la regione Sardegna è al lavoro da tempo per contrastare questo fenomeno, aggiudicandosi il primo posto in termini di benefici NASPI ottenuti, il secondo posto per servizi sociali e il quinto posto per il reddito di cittadinanza fruito.

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Digital skill mismatch: cos’è e possibili rimedi

Il basso tasso di occupazione rappresenta oggi un grande problema, soprattutto se si considera il profondo squilibrio tra domanda e offerta nel mondo del lavoro.

Tale fenomeno, noto come “skill mismatch”, è sempre più accentuato ed evidente: sono infatti numerose le posizioni lavorative (in particolare per quanto concerne le professioni digitali) che restano vuote per mancanza di competenze tecniche adeguate da parte dei candidati. Basti pensare che il 50% delle aziende in Italia non riesce a trovare competenze digitali innovative e si affida al passaparola per lo scouting, secondo quanto riporta il Market Watch Pmi realizzato da Banca Ifis.

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Per evitare però che tutto ciò si aggravi ulteriormente, soprattutto dopo l'abolizione del reddito di cittadinanza dall'anno 2023, è necessario trovare delle soluzioni praticabili. Una formazione approfondita è, come si può facilmente intuire, una delle possibili soluzioni più efficaci per colmare tale gap di competenze.

Sono proprio le nuove professioni digitali a offrire le condizioni lavorative ed economiche migliori, motivo per cui può essere di grande aiuto intraprendere dei percorsi di studio improntati sulla pratica e che consentono di acquisire le hard skill necessarie per praticarle sin da subito. Prendendo come esempio il settore della sicurezza informatica, è consigliabile seguire dei

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corsi approfonditi e disponibili interamente online per specializzarsi e aumentare esponenzialmente le possibilità di essere assunti in tempi brevi.

Non solo hard skill, però: ormai sono infatti sistematicamente richieste anche alcune soft skill trasversali come la capacità di lavorare all’interno di un team (63%), capacità di problem solving (52%), flessibilità (40%) e capacità comunicative (38%).

Il giusto mix di competenze può fare la differenza in sede di candidatura e assunzione, aprendo le porte a carriere professionali che, fino a qualche anno fa, erano del tutto inimmaginabili.

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