Cagliari. Si è chiusa ieri la tre giorni "Sui Generis", dedicata alle pari opportunità

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18 set 2023

Coinvolti in sessione plenaria gli ordini professionali dei giornalisti, degli avvocati, dei commercialisti, degli psicologi e dei medici

Di: Patrizio Carboni

Si è chiusa ieri la tre giorni "Sui Generis", dedicata alle pari opportunità, che ha visto coinvolti in sessione plenaria i diversi ordini professionali dei giornalisti, degli avvocati, dei commercialisti, degli psicologi e dei medici.

Nelle aule della facoltà di Economia dell'Università di Cagliari, a partire dal pomeriggio del 14, i diversi e le diverse rappresentanti del mondo dei professionisti sardi si sono prodigate in un susseguirsi di interventi che rievocano i fantasmi del passato ed i problemi del futuro, in tema di disparità tra uomo e donna nel mondo del lavoro, politica e famiglia.

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Si è voluto porre l'accento sulle "differenze abissali" nei numeri delle poltrone che contano, passando per l'incitamento alle donne ad occuparsi maggiormente di politica candidandosi in massa, forse nella speranza che la legge dei grandi numeri favorisca le quote rosa. Per passare poi alle più banali questioni formali dei titoli femminili nel ruolo istituzionale ricoperto.

"Avvocata" o "Sindaca" sintetizzano uno straparlare che oltreché fuorviante, a mio personalissimo parere, concorre a ridicolizzare oltremodo la nota superiorità del quoziente intellettivo della donna, tentando in maniera posticcia di elevarne il ruolo. Un ruolo che per gli uomini di epoca recente è già assodatamente di pari rango se si escludono le evidenti e naturali differenze fisiche. Parlare oggi infatti di "ceto debole" nel mondo occidentale appare una definizione che per i più è ormai una visione anacronistica.

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Ancora maggiormente lo è se si pensa ad una società rappresentata da una presidente del Consiglio e da una presidente della Commissione europea che per l'appunto uomini non sono, ma sopratutto lo è per l'uomo della strada che si trova davanti donne presidi, primarie, vice questori aggiunti, avvocatesse, commercialiste e cosi via. Evidentemente gli incubi delle disparità del passato terrorizzano quasi quanto il timore di nuove dittature, volendone così allontanare i fantasmi con quei rivoli di chiacchericcio che altro non producono se non un ingrossamento del mare dei dibattiti. Spesso, oltreché ingannevoli, anche lontani dal necessario pragmatismo.

Un dibattito che assume invece maggiore concretezza quando si parla di violenza; per la quale purtroppo, la donna continua a subirne le maggiori conseguenze nella stratosferica maggioranza dei casi. Per il tema è stato interessante ascoltare l'intervento del Dott. Emilio Montaldo, il quale a chiusura dei lavori, ha dapprima snocciolato i dati delle donne chirurgo che nella "civilissima Inghilterra" hanno subito molestie, violenze o nel 1% dei casi addirittura stupri. Per passare poi ad elencare le varie evoluzioni che dal dopoguerra ad oggi hanno trasformato la società, nel recente passato evidentemente ancora sbilanciata a favore del genere maschile.

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"Un retaggio del passato" afferma il presidente, che a suo parere "un contatto fisico forzato" favorirebbe la carriera della donna, mentre la frenerebbe nel caso in cui non dimostrasse di gradire tali molestie. Anche in Germania, prosegue il medico, sino al 1958 una donna non poteva conseguire la patente senza l'autorizzazione del marito, mentre gli uomini svizzeri hanno concesso il voto alle donne solo nel 1971. L'intervento del presidente dell'ordine si chiude rievocando un ricordo personale: la mamma che doveva chiedere il permesso al padre per poter uscire di casa a fare la spesa. Un padre eccessivamente maschilista, quello del dott. Montaldo, ma non tutti evidentemente erano così. Al tempo in cui mio nonno combatteva in Abissinia per la patria, mia nonna badava al bestiame con la rivoltella nascosta sotto la gonna e si guardava bene dal chiedere il permesso al coniuge per uscire e fare i suoi doveri di donna, madre e lavoratrice. Ricordo inoltre che la prima patente ottenuta da una donna in Italia risale addirittura al 1907.

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Nelle aule universitarie, in queste giornate cagliaritane delle pari opportunità, si è parlato anche di riforme necessarie nell'ambito degli ordini, come quella ormai considerata necessaria della legge 69, risalente al 1963, che istituì l'ordine dei giornalisti. Disposizioni redatte senza poter nemmeno immaginare un futuro fatto di cellulari che riprendono la scena e social che polverizzano l'informazione, rendendola accessibile a tutti o quasi. Un tracollo della professionalità, la cui salvezza passerebbe, secondo alcune esponenti dell'ordine, per la necessaria laurea dei professionisti dell'informazione, ovvero dalla imprescindibile preparazione all'uso di questi strumenti post-boomer.

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