Fase 2 e decreto rilancio: molto meglio le brioche

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14 mag 2020

Lettera dell'ex sindaco di Alghero e imprenditore del settore turistico Stefano Lubrano

Di: Stefano Lubrano

"S'ils n'ont plus de pain, qu'ils mangent de la brioche". Questa la frase attribuita a Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena, che l’avrebbe pronunciata riferendosi al popolo affamato, durante una rivolta dovuta alla mancanza di pane; come dire arrangiatevi. Le prime analisi del decreto rilancio stanno lasciando nello sconforto i vari imprenditori, in particolar modo quelli del turistico ricettivo. Le imprese sono ben consapevoli delle problematiche relative alle disponibilità di risorse finanziarie dello Stato, ma hanno fino ad oggi voluto credere che il Governo, il Ministro competente, i gruppi di lavoro incaricati di redigere dei piani di ripartenza, lavorassero per consentire loro di contare su aiuti di emergenza strutturali al fine di reggere l’urto e di ripartire.

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Niente di tutto questo. Anzi. A distanza di due mesi dai primi atti assunti dal Governo in materia di aiuto e supporto ai cittadini e alle imprese possiamo purtroppo affermare che questi siano inconsistenti e sottostanti a procedure burocratiche che, vista la straordinarietà del momento, avrebbero dovuto essere smantellate e ridotte a pochi e semplici passaggi. Le imprese quindi si sono trovate a constatare, incredule, che la “potenza di fuoco” annunciata a suo tempo dal Governo, aveva la forza di un petardino che, come si dice a Napoli, “ha fatto fetecchia”, ha fatto cioè una fiammella senza nemmeno esplodere. In molti casi le aziende hanno anticipato in busta paga il valore dell’importo della cassa integrazione per dare sostegno economico e morale ai propri collaboratori, questo nonostante le attività avessero smesso di incassare a causa della chiusura per il Covid-19.

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Le aziende del turismo, in particolar modo quelle del ricettivo, sono le più esposte dal punto di vista finanziario e dal punto di vista economico. Come ho avuto modo di scrivere in altri documenti, un flusso finanziario a fondo perduto è essenziale per far stare in piedi quelle imprese che devono ripartire senza contare più sulla fonte principale di autofinanziamento dato dalle caparre delle prenotazioni; flusso che non solo si è interrotto ma che anzi regredisce con la richiesta di restituzione delle caparre per la quasi totalità dei mesi di giugno, e per una parte dei mesi di luglio e agosto. Non è quindi pensabile che tale settore di importanza strategica per il Paese e ad elevato tasso di economia indotta, venga considerato come la regina Marie Antoinette considerava il popolo: se non avete da mangiare arrangiatevi.

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Per essere precisi, l’erogazione a fondo perduto riguarderebbe la differenza tra il fatturato del mese di aprile 2019 e quello del mese di aprile 2020. La maggior parte delle strutture stagionali apre a maggio. Quelle che riescono ad aprire ad aprile, hanno invece modo di lavorare di fatto per soli due fine settimana, quello di Pasqua e quello del 25 aprile, e a tariffe di bassissima stagione. Stiamo quindi parlando di cifre che rasentano il ridicolo in relazione a quanto serve. I così detti voucher per consentire le vacanze alle famiglie costringono le strutture ricettive a finanziare lo Stato per l’erogazione di questa tipologia di sostegno, in quanto l’importo del voucher verrebbe scalato al cliente dalla struttura ricettiva in fase di pagamento, con il recupero di quell’importo a fine anno su F24; c’è da immaginare che comunque la struttura debba versare subito e comunque l’IVA per l’intero importo della vacanza.

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La pandemia causata dal Covid-19 sta mostrando l’assenza del sistema di salvaguardia delle imprese di servizi ad alto tasso di relazione interpersonale come quelle del turismo; il regolamento approvato ieri dalla Regione Emilia Romagna sulle riaperture e, in particolar modo, sulle distanze nei ristoranti e negli stabilimenti balneari può aiutare a far superare imposizioni assurde emerse in questi giorni di cui avrò modo di parlare in un altro documento. Auspico che per il futuro il nostro Paese impari a definire scenari di questo genere e crei adeguati fondi di emergenza a supporto. Per l’oggi, temiamo si debba semplicemente buscarsi lievito di birra e far da sé il pane, o una brioche.

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