Carcere, arriva il medico di base per i detenuti. Caligaris: “La Regione potenzi il servizio nei festivi e notturni”

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15 lug 2020

Sanità penitenziaria, un primo passo in avanti per il diritto alla salute nella casa circondariale “Ettore Scalas” di Cagliari-Uta

Di: Alessandro Congia

“Finalmente compie un concreto passo il progetto di assegnare ai detenuti della Casa Circondariale di Cagliari un Medico di base. L’associazione Sdr ha in più occasioni manifestato l’esigenza di garantire un punto di riferimento costante a quanti, avendo perso la libertà ma non il diritto alla salute, non potevano usufruire dell’assistenza medica personalizzata. La riforma promossa dal Coordinatore sanitario dell’Istituto sembra andare nel verso giusto ma occorre un intervento dell’assessore per garantire almeno due Medici del 118 la notte e durante i giorni festivi, oltre agli Infermieri. Uno sforzo necessario da parte dell’assessorato regionale per una qualità dell’assistenza in un carcere dove sono reclusi in media circa 550 detenuti (27 donne e 130 stranieri).

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Lo afferma Maria Grazia Caligaris (Socialismo Diritti Riforme), con riferimento al progetto avviato dal Coordinatore sanitario della Casa Circondariale “Ettore Scalas” di assegnare ai Medici dei Servizi un numero fisso di pazienti e a quelli del 118 l'assistenza h 24.

“A caratterizzare la Casa Circondariale di Cagliari – osserva Caligaris – è la massiccia presenza (oltre il 30%) di persone private della libertà con problematiche psichiatriche e tossicodipendenze. Esiste però anche una larga fetta di persone anziane con disturbi quali cardiopatie, pneumopatie croniche, artrosi, arteriosclerosi, diabetici e perfino in dialisi. Senza dimenticare le cure odontoiatriche e otorinolaringoiatriche. Nel Centro Clinico, dove sono ricoverati i pazienti in condizioni più delicate da monitorare, il Medico di Base esiste già e grazie anche al lavoro degli Infermieri e degli Agenti della Polizia Penitenziaria, viene garantito un percorso più lineare”.

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“Rendere la sanità penitenziaria adeguata ai bisogni, così come ha previsto la riforma nazionale – ricorda ancora Caligaris – significa però anche pensare alle donne detenute che non hanno a disposizione un Centro Clinico e neppure uno studio ginecologico. Occorre quindi realizzare un programma che vuole migliorare le condizioni di salvaguardia della vita dei detenuti ma offrire anche garanzie ai Sanitari, con l’adeguamento dei compensi che tengano conto del fattore rischio in un ambiente che purtroppo non sempre è sereno. Di queste problematiche deve farsi carico l’assessore regionale della Sanità che ne è il referente. Alle buone prassi, insomma, occorre affiancare strumenti adeguati e opportuni riconoscimenti, altrimenti – conclude – si corre il rischio di fomentare il malcontento e rendere vano anche il più piccolo gesto destinato a cambiare in meglio un sistema finora trascurato”.

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