Curava i tumori con ultrasuoni, conclusa la perizia psichiatrica per la dottoressa

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09-04-2024

Esperti in aula a Cagliari a maggio, esito decisivo per il verdetto

Di: Redazione Sardegna Live

Si è conclusa oggi in un'aula del palazzo di giustizia di Cagliari, l'ultima delle tre sedute incentrate sulla perizia psichiatrica disposta dalla Corte d'assise d'appello del capoluogo sardo, nei confronti di Alba Veronica Puddu, la dottoressa di 53 anni di Tertenia, condannata all'ergastolo in primo grado per omicidio volontario aggravato, circonvenzione di incapace e truffa.

La sentenza aveva riconosciuto colpevole la professionista di aver curato pazienti affetti da tumori con metodologie alternative - ultrasuoni, radiofrequenze e rivitalizzazioni del sangue - che avrebbero ridotto l'aspettativa di vita dei malati e accelerato la loro morte.

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La perizia psichiatrica, decisiva per le sorti processuali, era stata chiesta dagli avvocati difensori dell'imputata, Gianluca Aste e Michele Zuddas, e dal procuratore generale Luigi Patronaggio. La dottoressa anche oggi ha risposto all'ultimo ciclo di domande dello psichiatra Elvezio Pirfo - già perito di Annamaria Franzoni nel caso Cogne e più recentemente nel processo ad Alessia Pifferi - e dei consulenti di parte, Paolo Milia per la difesa e Diego Primavera per le parti civili.

Perito e consulenti torneranno a riunirsi il 22 aprile per un confronto, ma le loro relazioni saranno portate in aula davanti alla Corte d'assise d'appello nell'udienza già fissata per il 24 maggio.

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Dall'incontro tra i professionisti del 22 aprile si potrà già capire l'orientamento del perito della Corte. Se fosse accertata l'incapacità di intendere e di volere, in tutto o in parte, dell'imputata cambierebbe il verdetto: nel primo caso si andrebbe verso l'assoluzione, nel secondo potrebbe essere condannata a una pena più mite.

I familiari dei pazienti si sono costituiti parte civile con gli avvocati Rita Dedola, che rappresenta la vedova dell'unica persona la cui morte è stata attribuita alla dottoressa nel processo di primo grado, Mauro Massa e Gianfranco Sollai.

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