Dalla Sardegna alla Spagna, passando per gli Usa: “Improntas” porta la cucina sarda a Valencia
Abbiamo incontrato la proprietaria, Salvatorina, nata e cresciuta a Montresta: gli anni negli States e l'esperienza nelle navi da crociera. Poi l'incontro con Francisco, colombiano, che innamoratosi della cucina sarda l'ha convinta ad aprire il ristorante. Oggi Improntas è uno dei locali più apprezzati di Valencia, a ottobre andrà in tv
Di: Giammaria Lavena
Siamo a Valencia, Plaça del Baró de Cortés, di fronte al Mercado de Ruzafa, che prende il nome dall’omonimo barrio. Qua, all’incrocio con Carrer Mossèn Femenia, si trova “Improntas, cucina tipica di Sardegna”. All’esterno del locale una folta schiera di tavolini attira l’attenzione dei passanti, in un’area spaziosa che lambisce le due strade. All’interno modernità e tradizione si fondono, creando un ambiente dallo stile variegato: la parete e il pilastro spogli, in mattone, contrastano il resto della sala; mura dalle sfumature e pennellate cenerine, luci soffuse che illuminano i tavoli in un ambiente intimo e accogliente, e poi l’elegante insegna oro e nera che, sotto il logo, sembra sintetizzare perfettamente quella che è la filosofia del ristorante:
Ad accoglierci nel grazioso locale è Salvatorina Fresi, 44 anni, madre di Samuele, cuoca e proprietaria del ristorante. Nata e cresciuta a Montresta, piccolo centro in provincia di Oristano, ha viaggiato in giro per il mondo, prima di stabilizzarsi a Valencia per dar vita a Improntas. Una storia che parte quindi, come tutte, dalle radici
E’ la prima tappa di
Troppo forte il richiamo di quel mondo distante, dopo la breve esperienza a San Francisco: “Sono ripartita da sola, a San Diego. Mi avevano fatto una proposta, ma è andata malissimo. Quindi ho attraversato mezza California in bus: da San Diego sono tornata a San Francisco, dove stavo bene. Arrivai con 20 dollari perché dove lavoravo non mi pagavano, e a mie spese avevo affitto, cibo e taxi per andare al lavoro. Tornai nel ristorante dove avevo lavorato in precedenza e chiesi al titolare di poter fare un weekend con loro. Un’amica mi ospitò a casa sua. In un fine settimana guadagnai 600 dollari, e da lì iniziai a cercare un appartamento. Lo trovai, condiviso con 5-6 persone, tutte italiane. Qui conobbi una ragazza di Milano che doveva rientrare in Italia: presi il suo posto nel ristorante in cui lavorava. Ci stetti per 4 anni. Mi concessero lo Student Visa, andavo a scuola quattro volte a settimana, in un’accademia di inglese, mentre la sera lavoravo”.
Un amore a stelle e strisce e un cambio radicale: “Mi sono innamorata degli Usa, sono stata lì per 6-7 anni. Dopo di che ricevetti una proposta di lavoro sulle navi da crociera di lusso. In quel momento stavo molto bene professionalmente: guadagnavo tantissimo, mi pagavo gli studi, aiutavo mia mamma. Alla fine accettai quella proposta: rientrai in Italia e dopo tre mesi di preparazione ho iniziato a lavorare, nel 2011, per la Celebrity Cruises Line, una multinazionale di navi da crociera americane. Qua lo sfruttamento non esiste: entrai come una semplice assistente-cameriera e dopo un mese e mezzo ero una supervisora. Nel giro di un paio di anni ho ricevuto una serie di promozioni, e ho iniziato a sentire che gli sforzi e le decisioni prese mi stavano ripagando. Anche lì guadagnavo tanto. Fino al 2014...”.
Ogni storia che si rispetti è fatta anche di incontri, e di persone che ci cambiano la vita, come nel caso di Salvatorina: “Quell’anno incontrai Francisco, il mio attuale compagno. E’ colombiano, di Barranquilla; lavorava come cuoco, io gestivo tutti i ristoranti speciali a bordo. E’ una persona molto interessante, intelligente, ha letto tantissimo: un’enciclopedia vivente. Ci innamorammo. Io stavo molto bene sulle navi, ma Francisco no: per lui era un periodo di transizione. Alla fine decidemmo di sistemarci sulla terraferma per fare una famiglia. Ho iniziato una ricerca di mercato: non volevo tornare in Italia, un sistema burocraticamente troppo complicato, e volevo aprire un ristorante. Durante le mie ricerche veniva sempre fuori
In pochi mesi è decollato il progetto: “Si chiama ‘Improntas’ perché
Gestire un ristorante di successo, nel quartiere più eclettico e trendy di una delle città più importanti della Spagna, comporta certo alti standard e professionalità. Dietro tutto ciò c’è una squadra di cucina da gestire e, nella sua, Salvatorina può contare anche sulle conoscenze di Francisco. Amore e lavoro: un mix esplosivo, talvolta. La chef, nel raccontarci la sua esperienza, spiega quanto sia complicato dover condividere col compagno anche la vita professionale: “Quando l’ho conosciuto, mi sono innamorata di lui perché è praticamente l’opposto di ciò che sono io. Lui è super calmo, un colombiano atipico: astemio, non esce, vivrebbe in casa con la sua famiglia tutti i giorni. E’ molto familiare. Per questo in Sardegna ha incontrato qualcosa che non ha mai avuto. Io vengo da una famiglia molto unita, ma sono una ‘latina’, una ‘fiestera’, mi piace tanto uscire. Tutto ciò mi piaceva, prima che le nostre personalità si confrontassero sul lavoro: terribile (ride,
Francisco, oltre che ottimo amministratore, si porta dietro anche importanti esperienze come cuoco: “Ha lavorato in ristoranti rinomatissimi, in Colombia o con chef francesi. Mi ha insegnato la tecnica, piuttosto distante dal nostro tipo di cucina, tutta sapori e abbondanza. In questo senso mi ha influenzato, ma non ha contaminato i miei sapori. Io studio tantissimo, ricerco, ma tengo sempre intatta la tradizione. Per fare un esempio: la base sono i culurgiones, io li propongo coi fiori di zucca e bottarga, o la burrata”.
Oggi, Salvatorina porta con sé un grande bagaglio di esperienze, dovuto al contatto con persone e terre distanti. Alla domanda su chi sia il suo modello o se esista qualcuno da cui trae ispirazione, risponde: “Più che le persone mi ispirano i luoghi, le relazioni, le culture. Ho molta ammirazione per tante persone, prendo ispirazione per dei piatti, ma non cerco mai di riprodurre”. E svela: “Inoltre, credo di aver inventato un piatto: gli spaghetti alle orziadas (anemoni di mare). Come concetto, sono esattamente come quelli ai ricci. E’ un piatto che ho provato e inventato. Credo - spero di non offendere nessuno - che in Sardegna le anemoni non siano abbastanza valorizzate. Le squaglio con l’olio e quando scolo la pasta viene fuori una crema ancora più buona di quella con i ricci. Mi piacerebbe che questa ricetta venga riconosciuta, ho provato a farla ‘patentare’, ma per il momento non ci sono riuscita”. E il piatto forte? Salvatorina, senza mezzi termini, risponde: “Non penso che qualcuno faccia gli spaghetti vongole e bottarga meglio di me. Ma anche i culurgiones, sempre vongole e bottarga. La fregola la faccio buonissima, ma devo ringraziare mia nonna che me la spedisce dalla Sardegna”.
Il menù prevede anche un’ampia proposta di vini: “Purtroppo ho avuto difficoltà con i produttori. Mi piacerebbe portare prodotti delle piccole aziende, produzioni a livello locale. Qua i vini consigliati sono i nostri: per il rosso il cannonau e per il bianco il vermentino, a meno che non vi siano delle richieste particolari. Alla fine, quelli sardi sono i più venduti. Ma, ripeto, mi piacerebbe avere una carta dei vini sardi più ampia”. Anche i formaggi: “Molti li compro dai pastori del mio paese”.
Tra le altre cose, quest’anno Salvatorina e il suo staff hanno