Olloai. Sos Turcos, su Ziomo e Maria Vrassada

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20 gen 2022

Fra le maschere recuperate a Ollolai una menzione particolare va a Su Turcu: rappresenta la vita e la morte. Su Ziomo è il fantoccio che il mercoledì delle ceneri viene messo su un asinello e portato in processione lungo le strade principali del paese

Di: Roberto Tangianu

Ollolai, capitale di una delle tre Barbagie, è un comune di 1.300 abitanti che sorge ai piedi del Monte San Basilio sul quale, secondo la tradizione, visse il capo dei barbaricini Ospitone che combatté contro il comandante bizantino Zabarda.

Per quanto riguarda il carnevale, le maschere non ascrivibili a categorie definite venivano chiamate ad Ollolai sos Bumbones.

Una delle maschere più belle della tradizione locale è

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sa Marizola che indossava su vardellinu (la gonna), sa hamisa (la camicia) e sas palas (il corpetto), si copriva il capo con su mucadore vroreau (un fazzoletto dai motivi floreali) e sul viso aveva un velo o una maschera di cartapesta.

Le maschere che invece incutevano maggiormente paura e destavano impressione, erano quelle di su Haprarju e su Beccu, che mimavano il capraio ed il caprone.

Il capraio era vestito con pantaloni e giacca di fustagno o panno o velluto, gambali, camicia bianca, il fazzoletto sul capo ben legato sopra il berretto, ed una maschera scura, temibile. In una mano teneva uno scudiscio in pelle o legno, ottenuto da una fronda d’albero, con l’altra mano aveva il laccio per assoggettare e governare il caprone. Il capraio teneva a bada il caprone, lo strattonava e lo domava con toni e gesti minacciosi, ogni tanto scaricava la sua ira con colpi di scudiscio. Sia il capraio che il caprone, si muovevano e

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camminavano in modo da incutere paura tra la gente.

Il caprone aveva la maschera di legno con lunghe corna, berretto, lunghe pelli villose, campanaccio, pantaloni di velluto o fustagno o panno liscio, sgabelli di sughero o legno, legati sotto i piedi, trasportava una scala su cui ogni tanto provava a salire. Tentava spesso di liberarsi dalla fune, procedeva a passi lunghi e minacciosi, saltellava, cercava di incornare qualcuno, belava in modo inquietante, si scuoteva rumorosamente e minacciava tutti con furia e rabbia.

Fra le maschere che sono state recuperate una menzione particolare va a Su Turcu, recuperata grazie all’impegno del Gruppo Folk “Balladores”. Su Turcu

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rappresenta la vita e la morte, con tanto di mantilla (la mantellina), inghirialettu (un telo di pizzo bianco), vrassada (una coperta), mucadore (un fazzoletto) ed altri indumenti che si richiamano al ciclo della vita, la nascita e la morte. In questo caso rappresenta proprio la morte del carnevale, la morte della natura in inverno e la rinascita subito dopo attraverso l’esplodere della primavera con la perpetuazione del ciclo della vita.

S’inghirialettu, infatti, era usato insieme a su brodau attorno e sopra il tavolo dove veniva messa la bara, rappresentando quindi la morte. Sa mantilla, invece, insieme a su cappiale a fronzas (la cuffietta) si facevano indossare ai bambini.

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Un’altra figura carnascialesca ad Ollolai è quella di Su Ziomo, fantoccio che il mercoledì delle ceneri, merhulis de lessia, viene seduto su un asinello e portato in processione lungo le strade principali del paese.

Il corteo che lo segue, sas troppas, canta e balla al suono di tumbarru, triangulu, coperchi di pentole, sonette, organetto, trunfa e trumba. Lungo il percorso, i partecipanti, travestiti ma a viso scoperto annerito con nerofumo, intintos, tentano di prendere col laccio le ragazze che trovano per strada ed entrano nelle case per farsi invitare del vino che riversano in una damigiana.

Su Ziomo, viene accusato di ogni malefatta, gli vengono addebitati tutti i fatti calamitosi, è oggetto di sberleffi e derisioni e alla fine nella piazza principale, viene

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sottoposto a regolare processo e condannato a morte con esecuzione col rogo, con la fucilazione o con l’impiccagione.

Si racconta e vi sono ancora numerose testimonianze dirette, di Ziomos rappresentati da persone in carne ed ossa, soprattutto forestieri. A loro era risparmiata solo la condanna a morte, mentre subivano ogni altro affronto e umiliazione.

Maria Vrassada è una maschera spauracchio che veniva evocata dalle madri per impaurire i figli e renderli più ubbidienti e buoni. Questa maschera indossava abiti femminili quotidiani tradizionali e si copriva con una vrassada e un velo sul viso, si presentava con atteggiamenti minacciosi che diffondevano paura e scoramento. Si accompagnava con su izzu (il figlio) e sa connada (la cognata) e veniva richiamata insieme ad altre maschere-spauracchio che erano, Maria Ishopa, su izzu, sa socra (la suocera), e Gantine tenneru, su izzu e su ghenneru (il genero).

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