In Italia un malato cronico su 3 attende la diagnosi per oltre 10 anni

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13 dic 2022

Uno su 2 denuncia lunghi tempi d'attesa per le cure

Di: Redazione Sardegna Live, foto simbolo

Più di un cittadino su tre con una malattia cronica ha atteso oltre dieci anni per arrivare alla diagnosi e uno su quattro fra chi soffre di una malattia rara deve spostarsi dal proprio luogo di residenza per curarsi.

Oltre la metà di questi pazienti denuncia tempi lunghi di attesa per gli esami diagnostici e per le visite di controllo. Mentre il supporto psicologico due terzi dei pazienti devono pagare di tasca propria.

Questi i dati che emergono dal 20/mo Rapporto sulle politiche della cronicità dal titolo "Fermi al Piano", presentato oggi dal Coordinamento nazionale delle circa 100 associazioni di malati cronici e rari di Cittadinanzattiva.

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Ben 4 italiani su 10 soffrono di almeno una malattia cronica mentre circa 2 milioni soffrono di malattie rare, molti dei quali in età pediatrica. Il Rapporto nasce dalle interviste a 871 pazienti ed a 86 presidenti di associazioni di patologia cronica o rara.

I motivi dei ritardi nella diagnosi sono, per 2 pazienti su 3, la scarsa conoscenza da parte del medico di famiglia, per oltre la metà la sottovalutazione dei sintomi.

I ritardi però sono anche nell'assistenza e sono peggiorati con la pandemia Covid: per il 60% degli intervistati i ritardi riguardano l'accesso alle prime visite specialistiche e agli esami diagnostici; per il 55% le visite di controllo; per il 43% i lunghi tempi per il riconoscimento dell'invalidità civile o accompagnamento.

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Un'associazione su tre denuncia, inoltre, l'assenza di Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, che disegnano il modello di cure più personalizzato sulla base del paziente.

Le regioni più avanti in questo modello di presa in carico sono Lombardia (lo afferma il 70% delle associazioni); Toscana, Veneto, Emilia-Romagna (52%); Lazio (48%). Dal Rapport, realizzato grazie al sostegno non condizionato di Msd Italia, emerge che negli ultimi 12 mesi circa l'11% dei pazienti è stato coinvolto in programmi di telemedicina, il 53% ha attivato il fascicolo sanitario elettronico e il 72% ha utilizzato spesso la ricetta dematerializzata.

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