Malattie rare: terapia genica efficace per curare patologia del fegato

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17 ago 2023

Di: Redazione Sardegna Live

Roma, 17 ago. (Adnkronos Salute) - Dimostrata, per la prima volta al mondo, l’efficacia della terapia genica in una malattia del fegato, la sindrome di Crigler-Najjar, una patologia genetica ultra rara che impedisce all’organismo di eliminare la bilirubina: l'unica terapia risolutiva per tenere sotto controllo questa sostanza, tossica ad alte concentrazioni per l’organismo e causa di danni cerebrali irreversibili, è finora il trapianto di fegato. Uno studio clinico, dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, pubblicato sul New England Journal of Medicine conferma ora la sicurezza e l’efficacia sull’essere umano della nuova terapia sperimentale genica.

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I dati dello studio indicano che per tre pazienti, trattate due anni fa dai medici dell’ospedale bergamasco, è stata dimostrata l’efficacia nel correggere la malattia. Non più costrette a sottoporsi di notte alle lampade a raggi ultravioletti per ridurre i livelli di bilirubina in eccesso, per queste pazienti è iniziata una nuova vita senza ‘luce blu’. Le pazienti sono state curate da un’équipe guidata da Lorenzo D’Antiga, direttore della Pediatria dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, sperimentatore principale del trial clinico e primo autore dello studio.

"Lo studio ha dimostrato il ripristino dell'espressione del gene UGT1A1, responsabile della sindrome, e un'ampia riduzione dei livelli di bilirubina, rimasta al di sotto del livello tossico per 80 settimane o più dal giorno del trattamento" spiega D’Antiga. "Siamo di fronte alla prima prova in assoluto dell'efficacia sull’essere umano di una terapia genica in una malattia metabolica del fegato. Questa terapia potrà in futuro scongiurare il trapianto di fegato, l’unica soluzione definitiva per i pazienti con la sindrome di Crigler-Najjar. I risultati sono entusiasmanti e ci spingono a proseguire il progetto in rete con i nostri partner internazionali. Ora puntiamo anche a nuove sperimentazioni sulle malattie genetiche del fegato".

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La terapia si avvale di un virus innocuo, svuotato del suo corredo genetico e sostituito con il gene da correggere. Il virus, chiamato in gergo tecnico 'adeno-associato', entra nelle cellule epatiche, raggiunge il nucleo e libera il piccolo frammento genetico che va a posizionarsi accanto al Dna della paziente, senza modificarlo. Da questo momento il ‘gene terapeutico’ inizia a produrre la proteina che i cromosomi originari non erano in grado di sintetizzare, a causa della mutazione che determina la malattia. La sperimentazione internazionale è promossa da Généthon (Organizzazione fondata da AFM-Telethon, associazione di pazienti che organizza il Théléthon francese) e sostenuta da un finanziamento della Commissione Europea nel programma Horizon 2020.

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Le pazienti finora trattate con questa innovativa terapia - cinque in tutto - sono state arruolate da tre centri europei che fanno parte del consorzio scientifico CureCN. Maria Beatrice Stasi, direttore generale della Asst Papa Giovanni XXIII, ricorda che "la ricerca si conferma tra i principali asset strategici del nostro ospedale, come evidenziato nel nostro Piano Organizzativo Strategico. La numerosità e la rilevanza della ricerca svolta dai nostri clinici trova anche con questa prestigiosa pubblicazione una ulteriore conferma delle competenze in nostro possesso e dell’impegno ogni giorno profuso per il progresso della medicina e per la cura delle patologie più severe quali facce di una stessa medaglia".

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"Occorre riconoscere come, ancora una volta, i nostri ospedali siano altamente all'avanguardia non solo dal punto di vista della cura della patologia ma anche da quello della ricerca scientifica", commenta l'assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso. "La terapia genica si è già rivelata efficace per il trattamento di diverse malattie e continua a dimostrarsi promettente per molte altre, tra le quali malattie rare finora considerate incurabili. Faccio i miei complimenti ai ricercatori coinvolti nello studio e ringrazio tutti coloro che hanno collaborato al raggiungimento del risultato clinico più importante: la guarigione delle pazienti".

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